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      A quest'A adunque, prima voce mandata fuori da chi nasce, ebbe reflesso, com'io vo immaginando, il Profeta Geremia, allorchè facendosi balbettante nel cospetto di Dio, in questa sola voce proruppe dapprima, inetto ad ogni altra, il suo favellare: Ah, ah, ah, Domine Deus, ecce nescio loqui. Presso i Latini vuole Prisciano che quest'A più di dieci diversi suoni avesse; ma non sentendosene tra' Toscani in oggi più d'uno, questo, non ha dubbio, in facilità di nostra favella ridonda. Quindi, per passare alla seguente vocale, strignendosi alquanto quell'apertura sopraddetta, con accostar leggermente la lingua verso il palato, si fa sonar quella lettera, che diciamo E larga, e strignendo ancor più l'uscita alla voce, con ispianare alquanto la lingua stessa, e accostarla ai denti, dell'E stretta mandiamo il suono. Allungando poscia la lingua più verso i denti, maggiormente insieme accostati, quel fiato più ristretto fa udire l'elemento dell'I. Se poi, non contenti di questo, andremo strignendo ancor più l'uscita alla voce, con ritrar verso il palato la lingua stessa, e porre in cerchio le labbra, ne nasce la pronunzia dell'O, ma largo. Che se le labbra lasceranno la forma del cerchio alquanto allungandosi, il fiato, che uscirà più tardo, sonerà O stretto. Ritardando finalmente più il fiato medesimo con allungar più le labbra, quel suono si fa più acuto, e l'V si pronunzia; quell'V, che da Ausonio ferale sonans si addimanda. Tali suoni delle vocali son così naturali, che se mentre soffia il vento, lasceremo per esperienza un uscio, o una finestra socchiusa, udiremo quasi scolpitamente formare dall'A fino all'V tutti i sette elementi vocali, secondo che più o meno s'allargherà o si strignerà lo spiraglio.


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Lezioni di lingua toscana
di Domenico Maria Manni
Editore Silvestri Milano
1824 pagine 179

   





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