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      Cosa, che mi rimembra di Arrighetto da Settimello, dei tempi, a quei della lingua toscana vicini, che alcuni non superlativi, ma comparativi curiosi andò adoprando, cioè a dire Nerone Neronior, e Salomone Salomonior; avuti poscia in veduta dal chiarissimo Anton Maria Salvini, che scrive nelle note ad Eustazio: Iliad. A. parà to Ares, Areion, secundum hoc elymon, quasi plusquam Mars, et si fas esset, comparativa formâ, dicere, Martior.
      Nè qui meritano d'essere ricordati il Nasevolissimo, usato dal Caro nelle Lettere, e il Dottorevolissimo, dal Salviati nelle Considerazioni sotto nome del Fioretti, poichè non per altro detti sono, che per ischerzo.
      E tanto basti del nome in generale aver parlato; con provare l'ubertoso capitale dei variati nomi di nostra lingua, dei quali all'accorgimento nostro appartiene, come dei chiari, e degli scuri nella pittura, e delle dissonanze, e delle consonanze nella musica, trarre accordato e armonioso concerto, mentre in tanta abbondanza di dizioni nulla non manca a render eloquente il nostro parlare; testimonio ne sia il Decamerone, fra gli altri, del quale dir soleva Giovanni Argiropolo, uomo greco dottissimo, non vi avere in tutta la serie de' greci scrittori un libro così eloquente; a render finalmente la lingua robusta, gentile, forte, soave, maestosa, e leggiadra; copiosa insieme, e adorna; capace in somma di trattare in qualunque stile ogni argomento, e come cera, e come pasta, abile a formarsi in tutte le guise; e quel che dee al sommo confortarne, e darci animo, così facile ad apprendersi, che nulla più; siccome altra volta negli accidenti del nome faremo abbastanza toccar con mano.


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Lezioni di lingua toscana
di Domenico Maria Manni
Editore Silvestri Milano
1824 pagine 179

   





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