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      Non è sempre vero, se ben riguardiamo, che il pronome il luogo tenga del nome, e lo rappresenti, tuttochè a quest'uso soventemente s'impieghi. E ben saria di ciò da favellar lungamente, non meno che dei vari accidenti, e delle diverse occorrenze, cui serve il pronome, ogniqualvolta di tutto questo da' gramatici latini non si parlasse. Uno però di tali usi tanto è sicuro, che a buona equità non vuolsi passare in silenzio che del nostro più che di altro idioma rassembra; ed è quello di servirci noi del pronome qualunque volta, per riverenza, o per altra cagione, un nome si tace, come per esempio quello ammirabile santissimo di Dio; lo che ben fecero, tra gli altri, i primi padri del toscano idioma; il Boccaccio, cioè, protestandosi d'incominciare il suo novellare dall'ammirabile, e santo nome di Colui (ecco il pronome) di Colui, il quale di tutte le cose fattore è, ed autore: Dante altresì nel bel principio del Paradiso, cantando:
      La gloria di Colui che tutto muove,
      Per l'universo penetra e risplendeIn una parte più e meno altrove.
      E il terzo ancora, com'io rifletto, che vale a dire Francesco Petrarca, in simil guisa pon mano alla testura di un suo superbo sonetto:
      Quel, che infinita providenza ed arteMostrò, nel suo mirabil magistero.
      I pronomi toscani adunque, per ragionar di loro con fondamento, o separati sono, o congiunti. Congiunti vengono ad essere in Dirgli, Vederla, Guardarmi, ed in antico in Fratelmo, Signoroso, che oggi non si userebber giammaiI separati son di tre spezie, dimostrativi, relativi, possessivi.


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Lezioni di lingua toscana
di Domenico Maria Manni
Editore Silvestri Milano
1824 pagine 179

   





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