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      Quindi altresì maraviglia non fia che il Longobardi, di patria ferrarese, seguisse, anzi calcasse le vestigie stesse del Cinonio, con lasciare scritto nel cap. 19 del suo Torto e Diritto: È più strano a udire Cui in primo caso, e l'udirà mille volte in bocca dell'Uberti chi ne leggerà il Dittamondo, dove appena mai s'incontra un Chi. Ma una migliore osservazione ci fa vedere, che, a farlo apposta, il Cui nel caso retto di sei esempli del Dittamondo, che il Longobardi cita, chiaramente dicono Chi, e non Cui in tutti i manoscritti.
      Il primo di questi si è del libro sesto, capitolo undecimo, dicendo, secondo ch'ei legge:
      Oh quanto è fol cui ode il bando, e salloDel suo Signore, se il contrario fa!
      Quivi i codici a penna leggono:
      O quanto è fol chi ode il bando, e sallo,
      ovvero:
      Folle è colui, che ode il bando, e sallo,
      con quel che segue.
      Il secondo è del capitolo stesso:
      O quanto è fol cui in Dio non ha fe!
      ove i MSS., con miglior suono insieme, e con più proprietà leggono apertamente:
      Oh quanto è folle chi in Dio non ha fe!
      Il terzo pure del medesimo capitolo undecimo:
      O quanto è fol cui male altrui desira!
      ove i MSS. hanno:
      Folle è colui, che altrui mal disira!
      ovvero;
      Oh quanto è fol chi l'altrui mal disira!
      Così errati si scuoprono gli altri che il Longobardi allega con trarli di peso dal Cinonio.
      Alla quale diffalta, se osservarne volessimo la cagione, avrà dato forse mano la cattiva ortografia de' tempi bassi, ne' quali scrivendosi Chui coll'H non altramente di quel che facciamo al Chi, per poco è stato preso l'uno per l'altro, nel modo che l'H pure ha fatto tanta confusione nelle scritture de' tempi barbari del latino idioma, avvegnacchè si scrivesse allora Hiis, tanto per His, quanto per Iis.


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Lezioni di lingua toscana
di Domenico Maria Manni
Editore Silvestri Milano
1824 pagine 179

   





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