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      La qual conseguenza quanta sia lungi dal vero io penso questa sera, uditori, di farvi vedere.
      Astengasi sul bel primo ciascun di noi da quelle maniere di solecismi: Io andiedi, Io stiedi, Ei puole, Colui vegghi, Noi ebbamo, Noi veddamo, Noi feciamo, Noi andassimo, Noi fussimo, preterito perfetto, Noi andavassimo, Noi vorressimo; e si contenti anzi di dire co' nostri contadini, e con la plebe, che in questa parte pronunzia bene: Io andai, Io stetti, Ei può, Colui vegga, Noi avemmo, Noi vedemmo, Noi facemmo, Noi andammo, Noi fummo, Noi vorremmo, ec.
      Al contrario poi ove la plebe dice: Voi amasti, Voi andasti, Voi andassi, ricordevoli noi, che il verbo col nome si dee accordare, non si principj a dar del Voi finendo col Tu, del quale è proprio l'Amasti; ma religiosamente si stia attaccati alla regola con dire Voi amaste, Voi andaste; e laddove parimente il volgo usa Egli avessi, o, dirò meglio, se ne abusa, guardiamoci di usarlo noi; che l'esempio del Petrarca:
      Non credo già, che Amore in Cipro avessi,
      O in altra riva sì soavi nidisenza ricorrere all'interpretazione del dottissimo Castelvetro, che facendo vocativo la dizione Amore, vuole il verbo quivi essere seconda persona (e si renderebbe verisimile a chi ha veduto quanti sbagli son nati ne' libri da una guasta ortografia, e da una non giudiciosa interpunzione) si fa assai credibile occasionato essere dalla rima; non altrimenti di quel che si fece da Dante, Purgatorio 136:
      Drizzai la testa per veder chi fossi.
      Per tal modo guardiamoci dal dire Io fosse, in vece di Io fossi, poichè per la sola violenza della rima l'usò Dante, Purgatorio 30:


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Lezioni di lingua toscana
di Domenico Maria Manni
Editore Silvestri Milano
1824 pagine 179

   





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