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      Similmente quel secondo del Petrarca non ce lo mantengono nè i MSS. nè le stampe. L'altro poi, che vale a dire il primo della Canzone 20 del Petrarca, chi non vede che e' non è dell'imperfetto, ma bensì del presente del congiuntivo? E senza far caso di questa differenza, alcuni MSS. buoni leggono in esso Trapassi, e chi ha fior di senno scorge bene che dall'apostrofazione di questa voce, per lo seguirne un E, ne può essere nata ne' Testi, che l'hanno, così fatta lezione.
      È cosa di troppa importanza che dalla voce del verbo, alla guisa de' Latini, si conosca tosto la persona, che fa l'azione, o la soffre, qualora il nome non è espresso, o pure quando nascer vi può equivoco, nella maniera, per addurre un esemplo agli occhi d'ognuno, che, leggendosi sulla porta della nostra chiesa di S. Maria sopr'Arno quelle antiche parole FUCCIO MI FECI, per esser, come alcun crede, la fine di questo verbo stata coperta, nasce contenziosa discordia tra gli eruditi, se legger si debba MI FECIE, o pur MI FECI, come apparisce che dica. E quel che più è, laddove coloro, che per lo FECE stanno, argomentano che un tal Fuccio, di famiglia ivi abitante, facesse per sua devozione quella porta; gli altri poi, che stanno pel FECI, intendono che parli uno, di cui si va novellando, che per salvare il decoro altrui si fingesse ladro, quasi dica di sè: Ladro mi feci, dal nome di Fuccio, ladro in antico tempo famoso. È cosa, io diceva, di troppa importanza, che dal verbo solo s'intenda chi fa l'azione; che non per altra ragione vanno i moderni concedendo, che nel ragionar familiare dir si possa Amavo, Avevo, in vece di quel, che è più regolato, Io amava, Io aveva, se non perchè la voce del verbo, senza quel pronome si confonde sovente con la terza persona.


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Lezioni di lingua toscana
di Domenico Maria Manni
Editore Silvestri Milano
1824 pagine 179

   





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