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      Tale effetto certamente non fanno le parole accentate nel fine come dirò, averà, accetterà, sopra le quali più magnifiche sono quelle di due sillabe, che l'accento hanno sulla prima, cioè a dire quando, mentre, come; poi quelle di tre coll'accento sulla seconda, che tali sono cresceva, ornava; poscia quelle di tre coll'accento sulla prima, come fecero, dissero; indi quelle di quattro coll'accento sulla terza, come misurato, eccellente; finalmente quelle di quattro accentate nella seconda, quali sarieno andavano crescevano.
      Nel fine poi del periodo si dee l'uomo astenere di usare una monosillaba, e, per lo contrario, schivare le voci assai lunghe, perchè sebbene le parole, considerate da sè sole, quante più sillabe hanno, sembra che sieno più magnifiche, tuttavolta, nella composizione il gran numero di sillabe rendendo radi gli accenti, per cagione che una parola, per quanto sia lunga, aver non può se non un accento acuto, fa venir meno il magnifico dire. Per le quali cose finir si vuole, ad ottenere il numero oratorio, con parole di due sillabe, o se tali non si possano avere, quelle di tre si sostituiscono non di rado, e se non queste si abbiano, quelle di quattro, malamente però, e con questa condizione almeno che accentate sieno sulla terza.
      I precetti, che ricordati abbiamo, al parere del Panigarola mentovato, vengono ad essere così giusti, che appena si troverà buono autore che, ove abbia voluto magnificamente ragionare, non gli abbia esattamente osservati, avendo non pertanto l'occhio a quella varietà che le cose tutte vagamente abbellisce.


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Lezioni di lingua toscana
di Domenico Maria Manni
Editore Silvestri Milano
1824 pagine 179

   





Panigarola