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      E sebbene il Boccaccio nel suo Dacamerone non usò gran fatto il magnifico stile, pure qualora in esso alcuna magnificenza sembrava convenirsi, da voci di tre sillabe coll'accento sulla seconda si vede aver cominciato il periodo, ed in parola simigliante averlo ultimato, come l'appresso esemplo il dimostra. Umana cosa è aver compassion degli afflitti. Giovanni della Casa altresì in quella sua Orazione per la restituzione di Piacenza, che al giudicio d'alcuni esser può modello di numero oratorio, non ha trasgredite nè pure una volta le regole da noi assegnate.
      Il venir poi prescritto, che per assuefare l'orecchio a comporre sonoramente, sia bene che uom s'eserciti a dire improvviso versi di cinque, di sette, e d'otto piedi, o dir vogliamo sillabe, alla mescolata, senza curar delle rime, cercando solo del suono di quegli, e delle parole buone al giudicio dell'orecchio, mi riduce a memoria il biasimo di Quintiliano, libro 9, cap. 4, e la mala voce che corre, qualunque volta in una qualche prosa interi versi si raffigurino. Ciò fu censurato, non ha guari, eziandio nel Boccaccio; e ben si trovò un'assai dotta penna che fe' vedere nell'eruditissime annotazioni all'Ercolano del Varchi, non esser tanto vituperevole, come uno pensa, così fatto vizio, coll'appresso parole: "Se il traporre i versi interi nelle prose è cosa molto laidissima, come testimonia Quintiliano, perchè l'usò il Boccaccio così spesso? Qui il Varchi vuol dire, che si debbono sfuggire i versi da quelli che compongono in prosa, quando vengono spiccati, che l'orecchio gli riconosce per versi a un tratto, e senza farvi reflessione.


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Lezioni di lingua toscana
di Domenico Maria Manni
Editore Silvestri Milano
1824 pagine 179

   





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