Pagina (153/179)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ed appresso:
      E contra, nihil est prosa scriptum, quod non relegi possint in quædam versiculorum genera. Sed in adeo molestos incidimus grammaticos, etc." E conchiude: "Sono adunque da schifare quei versi che rimangono belli e spiccati in messo della prosa, come quello di Cicerone nella Catilinaria:
      Senatos hoc intelligit, Consul videt,
      o quello che è sul principio del Timeo di Platone, e degli Annali di Cornelio Tacito, le quali opere non istà bene che comincino con un verso esametro, perchè dà troppo negli occhi."
      Quindi il Panigarola si ristrigne a disapprovare chi nella prosa fa inconsideratamente la rima; e, quanto a' versi, così ragiona: "Del resto, torno a dire che i versi senza rime ci vengono detti, come li iambici a i Latini, ed a' Greci, senza che noi ce ne accorgiamo; e che però non è possibile nelle prose fuggirli; nè meno è viziosa cosa il non fuggirli."
      Ma, per tornare donde mi dilungai io col discorso, piacemi di portare, in conferma dei precetti di sopra, l'esemplo di alcun periodo leggiadrissimo del Boccaccio; e sia questo tolto dalla Novella prima della quarta Giornata.
      Ghismonda, udendo il padre, e conoscendo non solamente il suo segreto amore essere discoperto, ma ancora esser preso Guiscardo, dolore inestimabile sentì, ed a mostrarlo con romore, e con lagrime, come il più le femmine fanno, fu assai volte vicina; ma pur questa viltà vincendo il suo animo altiero, il viso suo con maravigliosa forza fermò; e seco, avanti che dovere alcun priego per sè porgere, di più non stare in vita dispose, avvisando già esser morto il suo Guiscardo.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Lezioni di lingua toscana
di Domenico Maria Manni
Editore Silvestri Milano
1824 pagine 179

   





Cicerone Catilinaria Consul Timeo Platone Annali Cornelio Tacito Panigarola Latini Greci Boccaccio Novella Giornata Guiscardo Guiscardo