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      Travagliava in quel tempo i Romani una pestilenza tale, che non potendo formarsi di cittadini le cerne necessarie per la spedizione la quale a quell'uopo si preparava, non riescì neppure di poter arrolare fra i soci del nome latino ottomila fanti e trecento cavalli, che tanti n'abbisognavano per quell'impresa. Onde avendo i consoli riferito tanta esser stata la moria, da non poter ragunare in quel modo un esercito, abilità fu fatta dai padri al pretore Pinario di ricevere i soldati che mancavangli dal proconsolo Gneo Bebio, il quale svernava con altre legioni in Pisa [177] .
      Il passaggio di Pinario nell'isola con quest'aumento di forza dovette per buona pezza attutare i rivoltosi, poiché nelle succedute preture di Caio Menio [178 ] e di Caio Valerio Levino [179 ] nissun cenno fassi di novelle turbolenze. Violente poscia scoppiarono nel governo del seguente pretore Tito Ebuzio Caro [180] . Inviò egli lettere al senato per mezzo dello stesso suo figliuolo, nelle quali si riferiva: ai sempre liberi Iliesi associati essersi i popoli Balari, strascinati dalle mene dei ribelli ad insorgere anch'essi; la provincia pacifica, che alle armi romane sottostava, invadersi dalle loro squadre, ed impunemente ciò farsi essendo l'esercito rifinito per le sofferte fatiche ed in gran parte atterrato dal contagio. Una legazione sarda presentavasi al tempo istesso ai padri, sponendo i disastri sopportati e supplicando aiuto porgessero alle città almanco ed ai luoghi abitati; ché i poderi oramai a tale devastazione ridotti erano da richiedervisi non più difesa ma ristauro.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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