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      Frutto primo della vittoria fu l'imporre alle antiche città tributarie dell'isola doppia prestanza e dalle altre, che pagavano la decima, riscuotere il frumento. Si venne quindi in sul ricevere gli ostaggi: dugentotrenta se ne domandarono dai luoghi tutti li più importanti; e poscia spedissi a Roma una legazione per annunziare ai padri come da Tiberio Gracco prosperamente era stata governata quella guerra, ed implorare ad un tempo il debito onore si rendesse agli Dei pel favore prestato all'impresa ed al duce si desse facoltà, nel dipartirsi dalla provincia, di ricondur seco in Roma l'esercito vittorioso. Il senato accolse l'ambascieria nel tempio d'Apolline ed encomiò la religione di Tiberio, ordinando pubbliche preghiere per due giorni e si sagrificassero per mano dei consoli quaranta vittime delle maggiori. Quanto allo scambio del governo e della forza, pericoloso credettero i padri l'allontanare dall'occhio degl'isolani, quantunque sbaldanziti, gli stromenti della loro sommessione; ed a Tiberio perciò in qualità di proconsolo, coll'istessa armata, prorogarono per tutto l'anno l'impero [188] .
      Alla tornata dei comizi tratto fu a pretore della Sardegna Sergio Cornelio Sulla [189] ; ed a questo Tiberio ebbe a rassegnare la provincia allorché ne partì per ottenere in Roma le decretategli trionfali. Celebre fu fra le altre cose il di lui trionfo per la quantità numerosa di schiavi che seco trasse il vincitore: da questa anzi Livio derivar fece il noto proverbio romano: Sardi da vendere"; che dal volgo adoperato era anche ai suoi tempi per significare cose di malagevole smaltimento.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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