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      Ad un aspro nemico della Sardegna è in primo luogo debitrice la storia sarda di molti ricordi. Il più antico di questi [196 ] appartiene a quell'istesso Tiberio Gracco, che vidimo testé nel primo suo consolato trionfatore dei Sardi. Eletto egli la seconda volta a quel sommo onore, dovette altra fiata passare nell'isola: se per mercarvi nuove glorie o per riscuotervi omaggi, non può conghietturarsi. Apparisce solo da vari luoghi di Cicerone che dopo aver Tiberio nel secondo suo consolato presieduto ai comizi per la creazione dei nuovi consoli Publio Scipione e Caio Figulo, trovandosi poscia in Sardegna e riandando ivi colla scorta dei libri sacri alcune cerimonie, delle quali nella celebrazione di quei comizi curato non avea l'imperfezione, assalito fu tutt'ad un tratto da grande inquietudine d'animo, perlocché scrisse al senato riferendo quei suoi scrupoli. Diede ciò luogo, uditi gli auguri, ad una deliberazione dei padri che testimonianza luminosa porge del rispetto illimitato che quella repubblica mostrava per le pratiche anche le più leggiere del culto; poiché conosciuto in quella maniera esser stati li consoli eletti con invalidi auspizi, ordinarono loro i padri deponessero tosto la carica. A qual proposito Cicerone encomia non Tiberio solamente, che, sapientissimo uomo qual era, volle piuttosto confessare un suo fallo occulto che stare dubbiando sovra un'opera di religione, ma i consoli pur anco, i quali il sommo impero rinunziar vollero, anziché un solo momento ritenerlo contro ai sagri riti.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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