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      Diretto egli avea qualche scontro contro alle frotte di ladri che infestavano allora l'isola; seppure con tal odioso nome non volle Cicerone designare quelli sciami di malcontenti che nell'interior parte della Sardegna inquietavano in ogni tempo i dominatori romani. Sì di conto pareva ad Albucio questa fazione che dai padri implorava si ordinasse per la prosperità delle cose fatte solenne supplicazione agli Dei; e di ciò non pago, o dubitando che il senato, locché avvenne, rifiutato avrebbe la richiesta, la si concedea da sé e nella provincia stessa quasi trionfava. Qual cosa certamente non fugli menata buona dai padri, che motivo maggiore anzi ne trassero a negargli le addimandate preghiere [202] .
      Ma più elevata discussione ebbe ad insorgere sulla sua pretura. Accusato egli veniva dai Sardi di denaio estorto ed in giudizio pubblico di concussione la querela dei provinciali perorata era da Giulio Cesare Strabone [203] , il quale con tanta squisitezza e veemenza d'eloquio rincalzò le accuse dei suoi clienti, che Caio Giulio Cesare, agnato suo, nel coltivare poscia la stessa maniera d'eloquenza, di quest'arringa singolarmente si dilettava, molti squarci riportandone nelle sue scritture [204] . E fu mercé forse dell'oratore che il giudizio ebbe il compimento dovutogli, ben malagevole cosa essendo a quei tempi l'avvalorare colla giustizia sola la causa delle provincie oppresse; quantunque in questa mancata non sia quella maggior ardenza che deriva dalla contenzione degli accusatori, presentato essendosi rivale di Cesare Gneo Pompeo, già questore in Sardegna dello stesso Albucio; locché se dispiacque ai giudici che mal soffrivano quest'esempio di violate convenienze [205] , gran peso aggiunse alla querela, associandole un romano di sì alto conto ed un questore.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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