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      Si può in luogo di queste disposizioni riferire qui un'altra legge del medesimo imperatore [291] , sia in grazia della dichiarazione contenutavi del non doversi dare ascolto alle imputazioni dei rei contro ai loro accusatori senza aver prima giustificato la loro innocenza, sia perché può spiccarsene il nome d'un altro preside sardo finora incognito e chiamato Laodicio.
      Nissuna tuttavia delle citate leggi merita la considerazione degli uomini di stato e la riconoscenza dei popoli al pari di quella che sono per riferire di Teodosio il Grande [292] . Era stato rapportato a questo virtuoso imperatore che Natale, già governatore della Sardegna, ogni cosa aveavi posto a soqquadro, vessando quei provinciali con immoderate estorsioni. Scrisse egli pertanto in tal forma a Matroniano, il quale preside e duce della Sardegna era nello stesso tempo: affinché la pena d'uno vaglia a tener molti a freno, comandiamo Natale, già duce della Sardegna, ricondotto venga sotto severa custodia nella provincia da lui spogliata, acciò non solamente di quanto i di lui dimestici, servienti e ministri ricevettero, ma di ciò ch'egli stesso ai provinciali nostri rapì, renda, quantunque non volente, il quadruplo". Un ordinamento così savio e giusto illustrar potrebbe qualunque età in cui la scienza del governo politico sia stata più in fiore. Poiché qual tornava pro alle provincie dai giudizi, non dirò, corrotti (che tanti pur se ne contano), ma solamente meno severi? Quello appunto che tornò all'Africa spogliata da Mario Prisco, che Giovenale [293 ] ne dipinge sbevazzante nel suo comodo esiglio dall'ora ottava del giorno, e men sollecito dei numi irritati e della perduta fama che pago del serbato danaio, mentreché la provincia vittoriosa invano in giudizio piangeva".


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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