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      Né ciò bastava; ché anche dalle terre di pieno dominio dei privati altro pro ritraeva il fisco per ragione dei foraggi da essi dovuti alle stalle dell'imperatore [355] , degli altri dei quali tenuti erano di fornire gli eserciti svernanti nelle provincie abbondevoli di pastura, e tal fiata anche di quelli che per ispecial favore venivano conceduti a qualche privato, cui a sommo onore tornava questo privilegiato trattamento [356] .
      È cosa ovvia il pensare che la Sardegna, il cui suolo tanto è adatto al nutrimento d'ogni sorta di bestiame, punto non sia andata esente dagli antichi e dai succeduti dritti di pascolo, quantunque di ciò espressa menzione non facciasi nelle storie. Si può nullameno dare a questa conghiettura maggior valore riportando una notizia contenuta nelle storie di Ammiano Marcellino [357] . Descrivendo egli la sevizia di Valentiniano imperatore, racconta come Costantiniano, il quale nelle di lui stalle esercitava l'incarico che noi oggi diremmo di palafreniero, inviato venne dal suo padrone in Sardegna onde addestrarvi li cavalli che vi tenea; e come tanto egli fu oso da tentare clandestine mutazioni in quell'armento; perlocché con supplizio molto più grave del fallo ebbe quel meschino a perire lapidato. Questa testimonianza non piccolo lume arreca per confermar l'opinione ch'io porto della soggezione della provincia sarda alle leggi fiscali del pascolo.
      Al pari di questi tributi sopportar dovette la Sardegna quelli dagl'imperatori poscia introdotti della prestazione in natura d'una determinata quantità di bestiame.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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