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      Tutte queste distinzioni dovettero nondimeno svanire allorché Antonino Caracalla estendendo, come sovra si notò, a tutti li suoi sudditi il privilegio della cittadinanza romana, fece, secondo l'espressione d'un poeta [408] , una città di ciò che prima era mondo, e secondo la schietta verità fece d'una grazia apparente lo stromento di una novella avania. Dopo tale trabocco d'innovazioni, ogni ricordo delle antiche massime di stato gradatamente si spense, in modo che Giustiniano volendo togliere ogni vecchia disparità fra il dominio dei Quiriti ed il dominio naturale, non ebbe finalmente alcuna difficoltà di affermare esser oramai questo nome di Quiriti un vero enigma inapplicabile ed una vana e superflua parola [409] .
      All'estrema parte di questo libro mi conviene ora far passaggio, rammentando quelle cose che possono far fede dell'influenza esercitata dal dominio romano sulla Sardegna. D'uopo non è l'impiegare alcuna indagine in discoprire quella che al culto religioso appartiene, nota essendo a ciascuno la condiscendente tolleranza de' Romani, i quali anche gli Dei stranieri allogavano nel Campidoglio. Può quindi darsi per certo che dopo il rassodamento di quel governo niuna diversità dovette rimanere fra il culto dei dominanti e quello dei provinciali, eccettoché la speciale venerazione di questi verso alcuni degli antichi eroi della loro patria, fra i quali si vide già, nel libro primo di questa storia, onorato in maniera speciale Sardo, figliuolo d'Ercole.
      Parlerò invece primieramente della popolazione dell'isola ai tempi romani, argomento tanto più importante quanto più scapitante si è il confronto del moderno coll'antico stato.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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