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      Impose finalmente termine alle calde contenzioni l'autorità di Cesare; il quale dichiarò la Sardegna appartenere all'imperio ed a sé solo spettare il disporne [747] .
      Più facilmente si sarebbono acquetati gli animi se si fosse pronosticato allora l'esito di quella solenne investitura del regno sardo. Prima cura di Federigo, dopo aver venduto il regno, fu quella di toccarne il prezzo. Ma Barisone pativa disagio di moneta; onde fu mestieri, per riparare a quella sua scarsità, ch'ei l'aiuto implorasse dei legati della repubblica; i quali, manchevoli anch'essi di denaio, non poterono in altra maniera rispondere alle istanze del novello re che togliendo a prestanza la somma necessaria. E siccome l'un servigio trae l'altro, e non sì tosto era stato quetato il debito verso Cesare, che già falliano i contanti per apprestare le galee destinate a ricondurre Barisone nei suoi stati, perciò dovettero i consoli di Genova entrar mallevadori di un secondo presto; se non volevano correre il rischio di veder svanire tutto il frutto dei sagrifizi già fatti a favore di un uomo il quale in quella sua gloria teatrale ogni cosa già doveva agli altri, fuorché la propria stoltezza [748] .
      Nel tempo stesso Barisone con parole onorificentissime rendea le grazie che potea maggiori ai maestrati genovesi: esser loro debitore dell'acquistato diadema; restasse adunque solamente nelle sue mani la procurazione del regno, l'impero appartenesse alla repubblica. E come le promessioni solenni non meglio costavano a Barisone che le parole, con pubblica carta obbligava se stesso a sciogliere prontamente ambi li suoi debiti prima che ponesse il piè sul suo litorale [749] ; a pagare nel caso di futura guerra del comune lire centomila, oltre a quattrocentomarchi d'argento annui; a destinare per la fabbrica della chiesa di S. Lorenzo in Genova la dotazione di due corti a beneplacito dei consoli; ad innalzare a sue spese una magione regia entro quella città e soggiornarvi di quando in quando; a favoreggiare l'arcivescovo di Genova ove mai intendesse ad acquistare il primato e la legazione pontificia sui vescovadi dell'isola; a concedere alla repubblica le rocche di Marmilla e d'Arcolento, e tanto territorio quanto bastasse in Oristano ad edificarvi cento case pei Genovesi colà trafficanti.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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