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      Risiedeva, è vero, la giurisdizione nel podestà; ma non mai gli era dato il giudicar da sé solo; poiché era necessaria nei giudizi da lui profferiti l'approvazione di un maggiore o minor numero dei così detti giurati, come maggiore o minore era la difficoltà del suggetto. Chiamavasi allora Corona l'adunanza di questi giurati; ed il numero loro era quello che dava più grande importanza alle decisioni, essendo solamente lecito l'appello quando il numero dei giurati era minore di diciassette; nel qual caso la Corona che dicevasi compiuta esercitava i diritti di un tribunale supremo. A qual uopo perché alla confidenza delle parti corrispondesse ancora la celerità dei giudizi, era obbligo del podestà di congregare tre fiate per settimana le corone ordinarie ed una volta la corona compiuta.
      Le persone componenti la corona maggiore eleggevansi periodicamente da quattro probi cittadini, prescelti eglino stessi a ciò fare dal podestà e dagli anziani. Ma non indistintamente era permesso di sottoporre al loro giudizio ogni sentenza; poiché quelle sole erano suscettive di nuova disamina che importavano la definizione del piato. Ed acciò il rimedio del litigante gravato non diventasse fra le mani del litigante temerario un mezzo di stancare il suo oppositore, una multa gravissima era stabilita contro a coloro che rimanessero perdenti nei giudizi di appellazione. La qual pena, quantunque possa parer grave a quelli che conoscono le innocenti illusioni dell'interesse e l'intrico legale di molte giudiziarie contenzioni, contiene l'applicazione di un principio salutare; per cui mentre non si distorna dall'intentare nuovo giudizio chi confida del suo diritto, si raffrena quello che confida solamente della sua tenacità.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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