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      Il massimo dei misfatti politici d'allora, cioè la cospirazione contro alle repubbliche di Genova e di Sassari, punivasi con una pena pecuniaria. La pena capitale era riserbata agli omicidii, ai furti qualificati, ai falsi monetieri, ai notai falsatori di pubblici strumenti ed ai violentatori delle matrone. Gli altri malefizii gastigavansi non nella persona, ma nell'avere. Traccie di barbarie io trovai solamente nella punizione dei falsi testimonii assoggettati al mozzamento della lingua [915] ; e nell'essersi eccettuati nella pena capitale contro agli omicidii coloro che avessero ucciso uno schiavo. Abbenché in tal parte quelle leggi ritraggano delle antiche massime, per le quali gli infelici ridotti in ischiavitù non fra le persone, ma fra le cose si numeravano; quasi come non bastasse lo spogliarli di tutti i diritti della società, senza cancellare ancora dalla loro fronte la nobile impronta della natura. Inumano ancora potrebbesi dire l'uso in quel codice ammesso della tortura, se trattandosi di una costumanza che tanto si abbarbicò nell'Europa, e di tempi nei quali non dalla sola ferocia ma dalla stolidità pur anco era contaminata l'indagine delle verità giudiziarie, non si avesse il diritto di chiamare temperata una legge che permetteva il tormento nei soli casi d'omicidio e di furto; e lo vietava ogni qual volta l'inquisizione derivava dalle dinunzie di un altro tormentato. La qual eccezione indica per sé sola come i compilatori di quel codice stimassero poco accettevole un'imputazione corrotta dalla violenza.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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