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      E più terribile di ciò che la storia narra è forse ciò che la storia tace. Per la qual cosa la sorte dei popoli trasandata come umile suggetto dagli scrittori, non si può senza dolore considerare da chi voglia o sappia valutare quella dubbiezza di diritti nei governanti, di protezione nei sudditi; e il timore e il disinganno che ogni momento nascer doveano dalle gare più o meno avventurose delle due nazioni rivali, onde comandare sovra un'isola che ben si può dire non sia mai stata da alcuna di esse pienamente conquistata, corsa mai sempre.
      Ove dalle contenzioni politiche nelle quali trovavansi impigliati i nostri regoli, si volti lo sguardo agli atti dell'interiore reggimento dei loro stati, diverso si dee formare il giudizio nei diversi rispetti. Se lecito è il conghietturare quale fosse la comune giurisprudenza dei popoli sardi, traendo dal codice sassarese, testé analizzato, e dal codice di Eleonora, di cui a suo luogo per me sarà data eguale contezza, gli argomenti di massime uniformi, si può con fondamento affermare che, durante il governo dei giudici, la Sardegna, meno di molte altre nazioni europee, abbia sentito il bisogno di savie ed umane leggi. Ed invero, se ambi quei codici molto ritraggono dell'antica giurisprudenza romana, le cui reminiscenze serbate veggonsi nell'isola anche nei tempi li più barbari, non v'ha motivo alcuno speciale che debba far credere essersi nelle sole provincie di Torres e di Arborea rispettata una legislazione che, comunicata un tempo a tutte egualmente, in tutte eziandio dovette esser sottoposta ad uniformi vicissitudini per le uniformi cagioni di mutazioni politiche, religiose e sociali, concorse a variarla, purificarla e deturparla.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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