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      Ratificaronsi prestamente dal comune di Pisa le convenzioni; e per l'Italia tutta suonò, non senza ammirazione, la voce delle vittorie dell'infante. Il quale, mentre assoggettava alla sua Corona in così breve tempo una sì vasta isola, non minor vanto traeva dal vassallaggio di una delle più potenti repubbliche italiane, per tanti anni dominatrice dei mari; e destinata a segnare colla conquista e colla perdita della Sardegna il principio ed il termine delle maggiori sue glorie belliche [960] .
      Fermata la pace, proseguì don Alfonso ad accelerare l'innalzamento della rocca di Bonaria, la quale in meno di un mezz'anno trovavasi già cinta di mura e popolata da seimila uomini di guerra. Voltossi quindi il principe a guiderdonare largamente i suoi capitani. Don Berengario Carròz, figliuolo dell'ammiraglio, ebbe fra gli altri, con titolo di feudo, secondo le consuetudini d'Italia, varie ville, poste in quelle vicinanze [961] . Intorno alla quale concessione, le tante altre concessioni poscia si raggrupparono, per le quali il feudo di Chirra, posseduto anche oggidì dai discendenti di quella famiglia, soprasta in estensione a tutte le altre signorie di quella natura, esistenti nell'isola. Speciali investiture diede pure don Alfonso a Ranieri e Bonifacio, conti della Gherardesca, per li loro antichi dominii. Nominò infine le persone delle quali maggiormente si confidava, pel governo del novello regno; e commesso a Berengario Carròz, testé nominato, il comando del castello di Bonaria, quello di Sassari a Raimondo di Semenat, e preposti alle altre rocche varii capitani aragonesi e catalani, innalzò al governo generale dell'isola Filippo di Saluzzo, personaggio in quel tempo di grande autorità, venuto recentemente dalla Sicilia per volere del re; il quale, sia perché eragli congiunto di sangue, sia perché lo stimava molto abile ai consigli, non meno che a trattar l'arme, grandissimo conto tenea di lui [962] . Ciò fatto, partivasi don Alfonso da Bonaria e, ragunata la sua cavalleria nel luogo detto di S. Macario, salpava alla volta di Barcellona; dove, accarezzato dal padre, festeggiato ed applaudito da tutti i sudditi, non altro rammarico egli sentiva che di veder ancora perire, per le contratte infermità, molti dei più gagliardi suoi cavalieri [963] .


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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