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      E quantunque i Doria resistessero ad obbedire, assediati da don Raimondo di Cardona e vinti in battaglia, piegavansi alla sommessione. I Genovesi stessi calavano al cospetto del papa in Avignone ad accordi di pace col re. Cominciando per tal ragione le cose sarde a procedere più quietamente, poté quel governatore generale partirsi dall'isola lasciando il governo fra le mani di Raimondo di Monpavone, governatore, come ho detto, di Logodoro e vicario di Sassari [993] . Ed il successore nel comando generale del regno don Raimondo di Ribellas poté senza gravi disturbi por mente a fortificare i luoghi li più importanti dello stato; a cingere specialmente di valida bastita il castello di Sorra; ed a togliere con ciò a quelli fra i Doria che tuttavia si mostravano insofferenti del dominio aragonese, se non la volontà, la fidanza almeno di scuoterlo [994] . Alla qual cosa giovava anche grandemente la reciproca emulazione di quei minori signori dell'isola; i quali, come posavano le armi impugnate contro agli Aragonesi, così tosto le ripigliavano per travagliarsi l'un l'altro. Onde gli uffiziali del re, che di leggieri attingevano quanto profitto loro derivasse dallo spartire i nimici, sotto spezie di afforzare col loro ausilio alcuno di essi, infiacchivanli tutti [995] .
      Non mancavano eziandio agli Aragonesi minaccie di novelli nimici. Luchino Visconti, signore di Milano, volendo far valere i diritti sulla Gallura, che egli credeva traslati nella di lui famiglia dopo la morte del giudice Nino, si accostava ai Genovesi ed ai Pisani e tramava seco loro un'incursione nell'isola.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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