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      E sia pur così, replicò il giudice: diansi nelle mie mani tali istruzioni colle vostre credenze; e la mia risposta sarà pronta e schiettissima". Si trovava in quelle carte anche la dimanda che faceasi dal duca per unire in matrimonio con futura promessione il figlio natogli l'anno avanti colla figliuola del giudice; matrimonio che si diceva ambito da molti potenti principi per le loro figliuole e nel quale si concedeva la preferenza alla casa di Arborea. Il giudice allora, il quale era ben lungi dal non intendere di che sapessero quelle offerte, non titubava punto nel manifestare apertamente che cosa egli ne pensasse: esser quella proposizione un trovamento del duca per blandirlo; esser la principessa d'Arborea oramai da marito, nel mentre che il futuro suo sposo vagiva ancora nella culla; voler egli che la figliuola facesse lieto della sua mano uno sposo in tempo che restasse al padre la speranza di vezzeggiare sulle sue ginocchia la desiderata prole; non essere il suo animo sì leggiero che in una cosa di tanta importanza si volesse commettere all'incertezza dei lontani avvenimenti [1046] . Vennesi quindi alle altre condizioni dell'accordo, ed il giudice replicava: aver comandato che agli ambasciatori si manifestassero i patti dell'infruttuosa primiera alleanza; accagionerebbe a suo tempo della mancata fede chi n'avea colpa; rompesse pure il duca la guerra agli Aragonesi, o stesse seco loro in pace, poco calergli; ciascheduno facesse la sua bisogna, e soprattutto senza fraudi; far egli da più anni la guerra contro al re, e farla col solo braccio de' suoi e coll'assistenza divina; volerla così continuare; non esser egli uomo tale da ingannare nissuno; non esser neppur tale da lasciarsi ingannare due volte.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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