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      A questa risposta univa il giudice una lettera sua pel duca, ed era concepita così: Ho veduto i tuoi ambasciatori: mi fecero eglino parte delle tue deboli scuse; dai medesimi sentirai le mie risposte; io presi la precauzione di far registrare tutte le scritture nella mia cancelleria". Con tali sensi, che molto ritraggono della brevità spartana, Ugone poneva termine alla trattativa coi messaggieri. Mancava solamente a riempiere un'altra formalità. Il giudice voleva che alle sue deliberazioni assentisse il suo popolo. Inviò pertanto nel seguente giorno alla casa arcivescovile, nella quale gli ambasciatori erano stati onoratamente serviti, alcuni uffiziali e famigli che li riconducessero al suo palazzo. Ivi s'incontrava ragunata nella maggior aula una quantità stragrande di persone di ogni classe; fra le quali distinguevansi il vescovo, il clero ed i famigliari del principe. Mal volentieri perciò sopportavano i messaggieri di trovarsi in quel luogo confusi con la folla; e ricercavano si desse loro il poter passare alla privata udienza del giudice. Ma la chiamata loro non aveva altro scopo che di farli assistere ad una pubblica dichiarazione dei sentimenti di Ugone; epperò dovettero colà sostare infino a quando il vescovo cancelliere, comparendo in mezzo a quell'assemblea fiancheggiato dal podestà del luogo, da un notaio e da altri uffiziali, tenendo una carta fra le mani con alta voce bandì: aver il giudice ragunato i suoi sudditi [1047 ] per far loro conoscere l'infedeltà del suo alleato; essere stata l'alleanza proclamata e giurata al cospetto di tutti nella chiesa maggiore della città; esser giusto che pubblica del pari fosse la disdetta.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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