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      Portatisi a tal uopo i due deputati don Ignazio de Guevara e don Pietro Gioffré presso a don Alfonso, occupato ancora nella guerra napoletana, gli esposero in una delle dimande rassegnategli un quadro patetico del governo del regno ed il mezzo che credevano più acconcio a contenere i futuri arbitrii dei suoi uffiziali. Eccone il sunto [1166] : esser il sovrano assai distante dai suoi sudditi; soggetto ad incertezze il valicar del mare; tardo dover perciò riescire nei bisogni il richiamo, più tardo il provvedimento; frattanto gli uffiziali del re, moltiplicando negli abusi, provocare scandali quotidiani; intenti agli interessi loro personali, se delle cose pubbliche venivano ricercati, esser soliti rispondere: non è niente; presentarsi eziandio talvolta accidenti di guerre non prevedute e di movimenti intestini, ed i ministri mostrarsene così poco abborrenti, che correa voce nell'isola esser eglino stati li motori degli ultimi perturbamenti, nel mentre che la nobiltà ed il popolo ne aveano magnanimamente affrontato i pericoli e sopportato le conseguenze; casi eguali potersi rinovellare; poter sopravvenire altri rischi che conosciuti da tutti, da tutti si abbandonino alle cure d'un uffiziale supremo od appassionato o circonvenuto; piacesse dunque al re di deliberare che in tutte le occasioni nelle quali dai tre stamenti o da uno di essi si reputasse necessaria l'unione del parlamento, si potesse ciò fare senza incorrere in pena veruna e senza patire impedimento. Ardita era questa dimanda, ed ardita l'esposizione dei fatti.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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