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      Si conspirava d'altra parte apertamente acciò il popolo si levasse a rumore ed il maleficio di pochi restasse involto in una sedizione generale. Ma il popolo se avea compianto il marchese di Laconi, avea anche veduto con orrore un misfatto novello nell'isola; e maledetto perciò anche da quelli che lo reputavano una vendetta. Ed il magistrato della Reale Udienza, il quale in quel frangente avea assunto il maggior impero [1342] , non avea obbliato che la sua autorità esercitavasi a nome del sovrano. Primo pensiero del magistrato fu quello di dare contezza celere dell'occorso alla regina ed ai viceré di Napoli e di Sicilia; e di salvare la marchesa di Camarassa da qualunque ingiuria facendo provvisione al pronto di lei imbarco. Occupavasi quindi di stare a riguardo contro ai turbamenti maggiori ed accettava la profferta che faceagli il principe di Plombin, generale delle galee, di munire il castello colle sue soldatesche. Abbenché abbia dovuto poscia desistere da tal cautela per le vigorose rimostranze dello stamento militare, il quale mal sopportava che ad uno straniero fosse commessa la sollecitudine della pubblica sicurtà. Questa infatti non fu molto conturbata; poiché sebbene molte bande di partigiani proteggessero manifestamente l'asilo cui erano rifuggiti i congiurati, i sospetti dell'avvenire penetravano già negli animi di tutti, e dei congiurati istessi; tra i quali il più grave d'anni e di consiglio, il marchese di Cea, mentre alcuni nell'ebbrezza del misfatto confidavansi dell'impunità col pensiero di novelli eccessi, non rimaneasi del raffrenare quell'impeto con far suonare ai loro orecchi la terribile parola dell'imminente vendetta sovrana.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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