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      Agli stessi Sardi tornò pure vantaggiosa quella mutazione; perché ne derivò quella cerna regolare di soldati nazionali conosciuta col nome di milizie, che in ogni tempo fu poscia il miglior baluardo dell'isola.
      Devesi il migliore stabilimento di queste milizie (già conosciute fra noi come altra volta notai fino dai tempi di Eleonora) [1385 ] agli ordinamenti di Carlo V [1386] . Erano governate dai sergenti maggiori di fanteria, e dai commissari generali di cavalleria delle due provincie e dai capitani che sotto di essi militavano. Obbligavansi in ciascun anno a convenire due volte ad una generale rassegna; nella quale i cavalieri ed i fanti non solamente comparivano muniti delle armi loro convenienti, ma esercitavansi ancora all'affilarsi e ad avvezzare la persona ai simulati movimenti di guerra ed all'imberciare cogli archibusi; a qual uopo con saggio pensamento le multe dovute dai soldati restii impiegavansi a presentare di un donativo coloro che in quelli esperimenti dessero maggior prova di marziale destrezza. Sceglievansi inoltre da tali compagnie li più svegliati, che formando alcuni drappelli distinti (pei quali l'obbligo degli esercizi guerreschi rinovellavasi nel primiero giorno festivo di cadun mese), erano destinati a correre prontamente al primo annunzio di allarme; nel mentre che il grosso delle bande, il quale non poteasi rassembrare con eguale velocità, poneasi in moto [1387] . Con questi semplici e ben intesi ordinamenti il sovrano disponeva facilmente di una milizia agguerrita, che formicando, per così dire, in tutta la superficie dell'isola, era abile a portarsi prontamente al luogo del rischio.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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