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      L'ordinamento principale a tal uopo deliberato fu lo stabilimento di un numero determinato di consoli, i quali tratti a sorte in ciascun anno facessero provvisione alle bisogne ordinarie per se stessi, alle straordinarie coll'autorità d'un consiglio maggiore, composto delle persone tutte descritte nella così detta matricola civica. Apparteneva a questi maestrati municipali l'aver sollecitudine dei procacci del frumento per conservarne in ogni tempo l'abbondanza entro la città; l'invigilare sul mercato della grascia; l'esercitare nelle cose toccanti alla nettezza dei luoghi pubblici ed alla cura delle fabbriche i doveri edilizi; il guarentire colle cautele necessarie la pubblica salute. Da ciò derivò il diritto conceduto ai consigli di città di tenere in serbo in ciascun anno una copia determinata di frumento, la quale o veniva impiegata a sopperire ai bisogni improvvisi, od era estratta dall'isola con privilegio di gabella tostoché varcato il tempo del bisogno presente erasi provveduto con un novello deposito ai bisogni futuri. Da ciò pure procedette la facoltà conceduta ai consigli di nominare gli uffiziali preposti all'annona, di ordinare le tariffe nel commercio delle vittuaglie, di governare il porto e mantenervi quei ministri che doveano colà sopravvedere per cansare il contagio. Essendo pertanto così vasta l'autorità e la vigilanza dei consigli era ben conveniente che avessero eglino una parte essenziale nel trattare degli affari di generale interesse della nazione. E nacque per tal motivo dall'istesso principio il diritto che alle città fu accordato di intervenire alle corti generali del regno e di formarvi per mezzo dei loro deputati lo stamento reale; così chiamato o per testimonianza di particolare benivoglienza dei sovrani verso i cittadini; o perché in questo stamento i soli interessi erano rappresentati di persone immediatamente suggette alla regia podestà.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187