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      Questo esteso commercio fruttava in quell'età ai nazionali il solo vantaggio della vendita delle loro derrate; poiché a pochi, e forse a niuno di essi cadeva in pensiero di commettere le loro fortune alle vicende della mercatura. Il traffico era esercitato intieramente dagli stranieri, e segnatamente dai Genovesi, molte famiglie dei quali rinnovato aveano in Alghero e in Bosa, antiche colonie dei Doria e dei Malespina, la loro dimora. Prima che Ferdinando il Cattolico avesse cacciato da tutti i suoi regni gli Israeliti, dovettero questi esser anche in Sardegna dei più procaccianti in mercatanzie. I Sardi all'opposto mostraronsi durante il governo spagnuolo più che mai stranieri di ogni sollecitudine di commercio; sia che la scarsa popolazione sopperisse appena ai bisogni primari dell'agricoltura; sia che la loro natura spendereccia anzi che no poco si acconciasse di quello stare in sul tirato che ricercasi più fiate nelle negoziazioni; sia finalmente che dopo una così prolungata signoria, qualche cosa avessero ritratto delle abitudini dei loro dominatori; dei quali molte volte si disse non cuocere giammai loro il pensiero del dimane quando trovavano modo di satisfare alle necessità del dì presente.
      Se si volesse indagare quale risultasse da tale stato di cose quella condizione librata che chiamossi poscia dagli scrittori della scienza economica bilancia del commercio, io direi che in quella bilancia il vantaggio era maggiore dal canto degli isolani. Il valore delle derrate sarde che annualmente si estraevano superava certamente di gran lunga il pregio delle manifatture che dagli stranieri erano a noi recate.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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