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      Contentandomi perciò di dar un cenno dell'introduzione fattasi nell'isola delle regole diverse [1467] , toccherò invece di quelle fra esse che avendo maggior corrispondenza coi bisogni civili del popolo possono opportunamente aver la lor sede in questa narrazione. E posto che di quelle regole le quali furono indirizzate ad educare la gioventù nella pietà e nelle lettere mi occorrerà altra volta di far menzione, quando ragionerò dello stato della pubblica istruzione, mi atterrò in questo luogo a rammentare come fino dai primi tempi della monarchia aragonese quell'istesso don Alfonso, il quale avea con ispeciale predilezione favoreggiato il castello di Bonaria, teatro delle sue glorie militari, volle che ivi avesse stanza la regola detta della Misericordia, già celebre in Ispagna nel preceduto secolo per lo scopo piissimo che i suoi seguaci aveansi prefisso di redimere anche con lo scambio della propria persona gli infelici caduti nella schiavitù dei Barbareschi. E fu certamente un felice pensiero di don Alfonso il fare che quei regolari stessero in quel luogo eminente sopraccapo al più vasto e ricercato golfo dell'isola; se con ciò avvisò egli a far sì che siccome ricorreva di continuo ai loro occhi l'immagine delle felici navigazioni, ricorresse anche sovente al loro animo la ricordanza dei navigatori infelici.
      Se la propagazione di questa regola è dovuta specialmente all'interesse con cui i sovrani aragonesi osservavano un'istituzione nata nei loro stati, devesi solamente all'umanità dei nostri consigli di città la chiamata di quell'altra regola la quale col titolo consolante di "Fate ben fratelli" fu indiritta ad aver cura degli infermi.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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