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      Ecco come questo giudizioso personaggio, che ben addentro sapeva delle cose pubbliche di quei tempi, scriveva con generica sentenza del carattere del governo spagnuolo allorché imprese a trattare della maniera con cui i Siciliani nei primi anni del secolo XVIII aveano accolto il novello loro signore, il re Vittorio Amedeo di Savoia [1474] . Il loro nuovo sovrano, dic'egli, era esattissimo ed economo; e non faceasi sotto a lui quel dissipamento delle entrate pubbliche accostumato ai tempi dei re Cattolici. Facendo egli osservare in ogni cosa una giusta misura, dispiaceva ai popoli quella maniera quantunque giusta di amministrazione; perché il rilassamento degli uomini fa loro preferire ad un principe sagace ed attento un padrone noncurante e neghittoso. Ed è ciò ch'eglino chiamano bontà. Tutti i re Cattolici aveano ben meritato quel titolo in Sicilia; dacché la vasta estensione della monarchia spagnuola non permetteva ad essi di rivolgere le cure a tutti gli stati; ed a quelli specialmente divisi dal mare. L'assembramento di tanti stati era la causa maggiore della fiacchezza; e la negligenza degli interessi regii avea nome di liberalità. Dalla qual cosa procedeva che i profitti dei sudditi lontani fossero principalmente fondati sulla trascuraggine di chi comandava".
      Dopo questo manifesto giudizio scritto da un uomo così autorevole io aggiungerò solamente che oltre a quel vizio così bene da lui notato di un generale allentamento nella direzione dei pubblici negozi, un altro vizio massimo si diffuse nell'isola nostra nei tempi della signoria spagnuola.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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