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      Avea egli intrapreso a tal uopo lunghi viaggi nella terraferma, onde confortarsi di quei maggiori lumi che trar dovea dalle straniere biblioteche; e giovossene a segno tale, che reca non poca meraviglia il considerare come un uomo solo, cui altri gravi doveri strignevano, mentre la notizia delle cose sarde giaceva in un profondo obblio, tanto abbia confidato di se stesso facendole venire in luce. Locché senza trascorrere molte centinaia di volumi conseguire da lui non si potea. Devesi anche aggiungere a tal merito quello della purgata lingua latina con cui l'opera sua intiera fu scritta. Perlocché se egli invece di notare con soverchia celerità di dizione le cose riferite, avesse avuto o l'intento o il tempo di dare polso e vita alle sue narrazioni, la di lui storia forse avria sconfortato qualunque altra persona da un eguale tentativo. Ma in questo rispetto è troppo manchevole la di lui scrittura. Egli rapporta in ciascun anno con brevi parole i fatti accaduti; ed ogni fatto reggendosi, per così dire, da se stesso, senza dipendenza dalle cose che precedettero, senza influenza per quelle che conseguono, presenta solo una serie di concise ed isolate memorie [1550] . Non mai una felice transizione; non mai una considerazione che scintilli di viva luce nel riferire gli avvenimenti; non mai una di quelle sentenze che spontanee rampollano nell'intelletto, quando le felici o miserevoli o strane vicende umane si descrivono. Le quali cose ove non fossero un elemento d'ogni storia, dovrebbero essere sempre un artifizio necessario d'ogni storico.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187