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      I primi a comparire nell'arena furono dodici famigli dello sposo seguiti da altrettanti trombadori a cavallo e da una centuria di cavalieri; i quali pareano voler segnare nel loro arredo il transito dalla prisca alla novella foggia d'armadura forniti di lancia, corazza, celata e di leggiere pistole pendenti dagli arcioni. Seguiva il così detto trionfo d'Amore: vale a dire un carroccio tratto da quattro candide chinee, alle quali era stata congegnata sulla fronte una cotal maniera di cuspide che imitasse il capo del liocorno; e sul carroccio sedeano dodici giovanetti in abito di ninfe, che percotendo vari stromenti e canterellando circondavano un fanciullo raffigurante Cupido poggiato sovra un globo, dal quale egli lanciava col suo arco alcuni globettini dorati sulle innumerabili spettatrici che faceano lieta la festa. Era poscia continuata la schiera dai così detti padrini; e compariva allora preceduta da una frotta di sonatori la macchina maggiore dello spettacolo rappresentante una montagna coperta di verzura ed adorna d'alberi, fra i quali svolazzava una multitudine di uccelli. Ma lo spettacolo non era solo indirizzato ad inspirare idee gaie. La più ferale delle rappresentazioni sottentrava perciò in quel punto alle liete immagini. Una lunga colonna mossa in egual modo mostrava diritta sulla sua cima la figura scarna della morte; ed aggiravansi intorno al piedestallo le Parche coi loro simboli; nel mentre che cantavansi alcune strofe di severa significazione. Ed acciò nulla mancasse alla stranezza cantavansi da un coro di Driadi e di Amadriadi, non create certamente dalla brillante greca fantasia per sì triste uffizio.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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