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      Con minor esitazione perciò dopo sì illustri testimonianze io qui produco alcuni dei poetici pensamenti del Buragna; acciò il lettore conosca che se questo scrittore avesse principalmente dirizzato la mira ad illustrare il suo nome coltivando le muse, pochi meglio di lui avriano toccata l'eccellenza in quella maniera di componimenti chiamati giustamente poesia del cuore; dei quali l'Italia vanta finora il più gran modello, senza che nella turba dei slombati imitatori possa vantare molti degni seguaci.
      Mi giova a tal uopo l'osservare come egli abbia più volte felicemente ravvivato nella sua immaginazione alcuni dei pensieri dei grandi maestri; i quali avendo tenuto una volta quel colmo a cui così di rado trasvola l'umano ingegno, saranno in ogni età la norma degli scrittori assennati; malgrado dei delirii di chi pensa poter esistere nella cosa istessa o due maniere di vero o due maniere di bello. Così nei pochi versi che seguono, esprimenti il non calere del poeta per l'infedeltà dell'amata, trovasi trasfuso tutto il sentimento dell'ode V di Orazio:
     
      Abbiasi altri il tuo amor mentre a me rendeSdegno e ragion la libertade antica,
      Che a qual rischio n'andò m'ha fatto accorto.
      E s'ei lieto le vele ora distendeE gli arridono il mare e l'aura amica,
      Io non l'invidio e mi ritraggo in porto.
     
      Così dall'una all'altra virtù seppe trasferire il Buragna uno dei più vaghi pensamenti del Petrarca; cantando nella morte del marchese di Pescara:
     
      È nostra vita invero inferma e frale,
      Ed il tutto rapir di morte è vanto;


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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