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      Ma non sembravi tu cosa mortale.
     
      L'ammirazione di quel grande inspirava certamente il nostro poeta quando egli in tal modo dipingeva la sua amica inferma:
     
      Le rose onde il bel viso è sempre adornoEran sparite, e del soave sguardo
      Languia l'almo splendore onde tutt'ardoEd arderò fino all'estremo giorno.
      Ma dall'usato suo dolce soggiornoNon partia la bellezza; e lento o tardo
      Non avventava dai begli occhi il dardoAmor che ognor vi scherza entro e d'intorno.
      Quivi amore e bellezza in forme nuove,
      Ma con l'istesso sforzo oppur maggioreFacean pur contra me l'usate prove.
      Che a quel dolce languir languia il mio core;
      E quante volte avvien che si rinoveLa rimembranza, in me cresce l'ardore.
     
      Nei tratti seguenti, parmi che la leggiadria dei pensieri e dei modi sia, più che imitata, propria dell'autore:
     
      Qual fabbro industre ad opra altera volto,
      Onde speri al suo nome eterni onori,
      Pria che in marmi egli avvivi o in tersi avoriLa bella imago che a formare ha tolto,
      In stile pur via men limato e coltoE in men nobil materia ei mette fuori,
      E in varie guise atteggia i bei lavoriChe il fecondo pensier dentro ha rivolto;
      Tale a formar costei, che di sì puraSplende e intera beltà, qual non espose
      A mortal guardo pria l'alma natura,
      Se altre belle mai fur, in loro imposeSol di lei rozzi esempli; ed ogni cura
      In lei poscia, ogni industria e studio pose.
     
      Vago parimente e peregrino sembrommi il tratto che segue:
     
      Quel che ordinato fu spirto celestePer custode e compagno a questa Dea
      Il dì che in prima in questa vita rea


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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