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      Il quale avendo già due volte fuggito in Cagliari ed in Alghero i primi pericoli, dovette alla fine abbandonare l'isola nello spirare d'un governo per lui troppo fiaccamente sostenuto.
      Riconquistata in tal modo in brevissimo tempo dalle arme del re cattolico l'isola intiera, il marchese di Leide lasciava colà per governatore generale il marchese di Castelforte don Giuseppe Armendariz con un presidio di tremila soldati. Ed il re conoscendo che per radicare di nuovo pacificamente la sua signoria, era d'uopo l'aprire una via onde sfogare ai mali umori che serpeggiavano fra gli abitanti, concedeva ampia facoltà a qualunque persona di partirsi dal regno; e rendeva ad un tempo pubblicamente la grazia sua a tutti coloro che scegliendo di soggiornarvi venissero spontanei a obbedienza. Il quale provvedimento ebbe a metter bene per la tranquillità dello stato: poiché in tal maniera quella moltitudine di partigiani che sarebbesi fatta ministra di novelle turbolenze, veggendosi libera di allontanarsi dall'isola scelse il partito meno rischievole. E ripararono perciò prestamente altrove i principali gentiluomini attenenti alla causa imperiale; quelli altri che erano stati da Cesare distinti con qualche speciale grazia; e fra questi il vescovo ausiliario di Cagliari don Antonio Sellent e l'arcivescovo turritano don Bernardo Fuster; il quale, anziché licenziare il suo clero di rendere pubblico ringraziamento a Iddio pel seguito mutamento di signoria, amò meglio abbandonare la sede e lasciare che dagli Spagnuoli si ponesse la mano sull'entrate della sua Chiesa.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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