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      Il visconte del Porto, generale spagnuolo rimasto, come vedemmo, nella capitale per ostaggio, alimentava quella fidanza; e stando sempre in sulle brave parole, or traeva dai risultamenti delle conferenze di Cambray qualche ragione per predire novelli cambiamenti; ora magnificava la potenza del re Cattolico; ora ne interpretava a suo talento le intenzioni; buccinando dappertutto esser indirizzati al racquisto dell'isola gli apprestamenti navali che per altri motivi faceansi ne' porti di Spagna. Erasi egli infine mostrato sì incomportevole che il re con severe parole lo faceva avvisato: esser egli in Sardegna come ostaggio; i ministri stessi degli stranieri potentati privarsi per proprio fatto della protezione del dritto delle genti, se fossero osi di trascorrere ad inique pratiche contro al sovrano del luogo; molto minore essere la considerazione dovuta ad un ostaggio; si governasse adunque con cautela se volea fuggire che si procedesse contro a lui col debito rigore. La qual cosa sebbene abbia obbligato il visconte a tener modo nelle sue parole, non poté impedire che le sue predizioni non s'accreditassero. Onde fu d'uopo al viceré l'invigilare attentamente sul contegno di lui, mentre soggiornò in Sardegna, e profittare di tutti gli espedienti che si mostravano più acconci per divellere dall'animo di molti quelle malconcette credenze.
      Un altro grave pensiero teneva anche turbato il viceré in quell'incominciare del governo. Le politiche discordie aveano somministrato più largo fomite alle private vendette; ed in quei vent'anni di dominio incerto variato, o malfermo, le campagne eransi popolate di uomini di mal affare che poneano a ripentaglio la sicurezza comune ed infestavano dappertutto le pubbliche vie.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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