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      Né mancarono al novello consiglio infino dai primi momenti della sua creazione gravi materie di discussione: poiché nel mentre ogni altra cosa ivasi acconciando; nel mentre che i signori più possenti dell'isola, affezionati per lo avanti ad una o ad altra delle parti guerreggianti, riducevansi nuovamente a soggiornare in patria o giuravano da lunge omaggio al re; una gara aspra e quotidiana fra i ministri del governo ed i tribunali ecclesiastici nelle materie appartenenti alla così detta competenza de' due fori, arrestava le operazioni le più importanti del pubblico servigio, favoreggiava l'impunità de' malfattori e moltiplicava per lievi cagioni lo scandalo delle prodigalizzate censure e de' frequenti giudizi chiamati di contenzione. Questi perturbamenti moveano principalmente da due cagioni: dal rilassamento introdottosi nelle antiche discipline dello stato dopo la morte di Carlo II; perocché in quei tempi di signoria disputata e mutevole, annoveravasi fra i mezzi di dare favore più esteso alla propria parte l'indifferenza per gli altrui abusi; e dalla mancanza de' prelati; dacché le chiese vedove in gran parte de' loro pastori trovavansi governate da vicarii, i quali non sempre salivano a quei seggi o per altezza di dottrina o per fama di prudenza [1634] . Il rimedio adunque più opportuno era quello della nomina de' vescovi. Se non che tal rimedio era ritardato per le discussioni che agitavansi allora in Roma dai ministri del re, i quali ricercavano a nome di lui la continuazione degli indulti conceduti dai sommi pontefici ai re cattolici pel patronato delle chiese sarde e pel dritto di presentazione nelle chiese cattedrali, e ne' beneficii chiamati concistoriali; dove per parte della Santa Sede si ponea a quella rinnovazione d'indulto la condizione di riconoscersi i diritti detti d'investitura, esercitati negli antichi tempi dalla Chiesa romana nel concedere ai re aragonesi la sovranità dell'isola.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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