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      Onde traevasene a ragione prospero augurio per quel progressivo aumento che sotto l'influenza di una signoria attenta a schiudere le sorgenti dell'industria, ed a richiamare sulle nostre terre una pace durevole, doveasi conseguire [1646] .
      La ripetuta diffalta delle biade avea frattanto funestato anche il secondo anno del governo del marchese di Cortanze. Se non che il soccorso conceduto abbondevolmente dal re all'annona, coll'invio di centomila moggia di frumento straniero e la benigna distribuzione fattasene fra i meno agiati dando credito del prezzo, erano cagione che dalla stessa mala ventura si avesse nuovo argomento di dar sempre maggior luogo alla comun gratitudine nel regno di Vittorio Amedeo. Ed aveano veramente i Sardi ragione di confidarsi che anche nel declinare dell'età del re, l'opera del felice avviamento delle cose loro più care avrebbe proceduto con pari attività e consiglio; dacché sottentrava alla direzione principale degli affari dello stato quello stesso marchese d'Ormea che avea condotto a buon termine la negoziazione già mentovata per gli affari ecclesiastici del regno. Ma era quello il tempo in cui il re travagliato da una inquietudine d'animo che gli faceva desiderare di chiudere prima del debito termine la vita sua politica, disponevasi con inaspettata risoluzione a discendere dal trono da lui tanto illustrato; ed a porre sul capo del principe di Piemonte suo figlio la corona reale da lui aggiunta agli antichi suoi titoli di sovranità. Variamente suonò in Europa la notizia di quell'atto; e variamente ne portarono giudizio coloro ai quali caleva di paragonare le aperte cause e le arcane ragioni di una tal rinunzia.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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