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      Già da parecchi anni [1687 ] i corsali di Tunisi aveano disertato con una improvvisa scorreria l'isola di Tabarca, affievolita di gente dopo che una gran parte di quei popolatori era passata in Sardegna. E l'andar a sacco di quella terra avea messo tale spavento nell'animo degli altri loro paesani dimoranti ne' dominii della reggenza, che molti di essi aveano, dopo quella catastrofe, riparato a Carloforte per unirsi a quei popolatori. Gli abitanti dell'isola condotti a dura schiavitù aveano frattanto desiderato invano la liberazione; dacché i Genovesi a' quali spettava la signoria di quel luogo, non aveansi dato pensiero di riscattarli. Venne allora nell'animo a Carlo Emanuele il generoso divisamento di redimere quelli infelici e di crescerne la colonia di S. Pietro; presentandoglisi acconcia a tal disegno l'opera del capitano Giovanni Porcile, il quale pieno di zelo per la prosperità de' suoi compatrioti profferivasi per trattare col bey i termini del riscatto. Le prime pratiche furono poco fortunate, perché il bey, stando assai in sul tirato, poneva alla redenzione un prezzo esorbitante [1688] . Calandosi poscia a diversi patti si accordava che per ciascuno schiavo di Tabarca si darebbero in iscambio al bey due schiavi maomettani. Anzi siccome le generose azioni se muovono sempre all'applauso le anime sensive, spingono anche talvolta all'ammirazione gli uomini stessi li più composti alla ferocia; non prima compievansi que' negoziati, che il bey tratto da quella umanità del re a sentire altamente della virtù di lui, palesava apertamente la sua inclinazione a voler sopra alle convenzioni di quel riscatto trattare delle condizioni di una pace durevole.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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