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      La negoziazione del vescovo Delbecchi ebbe quel felice successo che il re ne attendeva. E mercé anche de' lumi che l'oratore stesso era in grado di dare sulle necessità delle chiese sarde, non solo si conseguiva che infin d'allora si applicassero fissamente ai seminari alcune delle migliori prebende di ciascuna diocesi; ma si preparava anche l'accettazione a quelle altre provvisioni che d'indi a poco tempo veniano aggiunte per la cessione della terza parte de' così detti spogli de' vescovi, e di una egual porzione de' frutti delle chiese vescovili vacanti a benefizio di quelle stesse opere. E con ciò somministrandosi ai prelati il mezzo di giungere gradatamente alla bramata riforma, non guari tempo passò, che dove con nuovi edifizi; dove con migliorare le antiche case; dappertutto con aumentare il novero degli alunni ed istituire migliori scuole per gli studi; si poté arrivare se non a toccare lo scopo che doveasi avere in mira, a dilungarsi almeno d'assai dall'antica meschinità [1739] .
      Trattavasi anche al tempo stesso nella corte del pontefice e conchiudevasi con eguale assentimento la reintegrazione dell'antica chiesa vescovile solcitana; la quale unita all'arcivescovado di Cagliari in tempi infelici abbisognava della presenza del suo pastore nelle migliorate condizioni della sua popolazione. Secondandosi pertanto dal re non meno che dal papa le pie brame de' diocesani, scioglievasi l'unione di quella Chiesa alla cagliaritana; e si decretava la separata nomina del vescovo solcitano tostoché la chiesa primaziale si renderebbe vacante.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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