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      Ma questi non sì tosto ebbe esaminata la scrittura, che trovatala qual era piena di ragionamenti, quali che si fossero validi o fiacchi, non però irriverenti e molto meno malvagi, grandemente si meravigliava del concetto timore e dell'inclinazione mostrata dal viceré di voler trapassare ad atti di rigorosa punizione. E da quell'uomo di sensi schietti ch'egli era, cui non moriva mai nella penna l'espressione conveniente alla cosa, si faceva con grave sua privata epistola al viceré a temperare quell'inutile ardenza: non saper egli rendersi ragione di quel prorompere in tanto sdegno; trattarsi d'un'opinione manifestata da chi avea il diritto di ventilare nello stamento cui apparteneva la materia posta in disamina; esser lecito a qualunque suddito il sottoporre all'esame del re le proprie considerazioni sopra i pubblici negozi; alle osservazioni errate doversi solo contrapporre osservazioni migliori; e ciò sarebbesi conseguito se in luogo di abbandonare al segretario di stato tanta parte di confidenza, si fossero in tal affare chiamati a consulta i ministri maggiori del luogo; considerasse qual danno sarebbe avvenuto se le minaccie di rigore contenute nel suo spaccio si fossero già portate ad effetto; imperocché il re, il quale negli affari di giustizia non avea che una norma sola, la giustizia stessa, avrebbe per quanto dovesse forte gravargliene disfatto senza dubbio ogni cosa; esser noto lo spirito de' Sardi, non torbido, non sedizioso; non mai aver essi gittato cattiva ombra di sé ne' lunghi secoli della dominazione spagnuola; come lo farebbono sotto ad una signoria così sollecita del loro bene?


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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