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      Il viceré cui toccava infino dal principio del suo comando la ventura d'indirizzare ordinazioni tanto benefiche, attendeva pure allo stesso tempo a compiere un'opera cui dopo la mutazione della signoria erasi più fiate volta la mente, senza porvisi mai la mano. Le varie isolette poste nello stretto chiamato di Bonifacio erano state anche negli antichi tempi riputate come dipendenti dalla Sardegna; in rispetto anche alla positura in che giacciono all'orlo dell'isola. Non potevasi perciò dubitare non fossero sottoposte alla sovranità del re; e la mancanza stessa di atti di signoria esercitati dalla repubblica di Genova in quelle terre indicava che quella suggezione era non solo certa ma anche non contrastata. Nondimeno le migliori fra quelle isole erano abitate o fissamente o per a tempo da varii pastori provenuti dalla Corsica; i quali non aveano mai o col rispondere qualche tributo, o col fare almeno omaggio al governo della Sardegna, mostrato di riconoscerlo. Epperò la ragione politica ricercava che con qualche atto speciale si esercitasse colà l'alto dominio del re; e con ciò anche i coloni di quelle isole, i quali mostravano già molta inclinazione ad esser tenuti sudditi sardi, non potessero più sfuggire ai doveri annessi a tal qualità. Giovatosi pertanto il viceré a tal uopo dell'arrivo delle navi della marina reale, colle quali potea con maggior dignità procedere a pigliare una solenne possessione, le facea veleggiare a quella volta; con entrovi varie compagnie di soldatesche destinate a proteggere quell'opera ed a soggiornare colà infino a quando ogni cosa fosse composta e ridotta a termine.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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