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      Volgendo dunque per l'animo di far provvisione in tal rispetto anche ai bisogni della Sardegna, riconosceva: trovarsi colà siffattamente alterata la proporzione e corrispondenza delle monete, sia per l'imperfezione delle tariffe, sia per la tolleranza introdottasi di un calo abusivo, sia per lo deterioramento delle monete nazionali, che giornaliero era lo scapitare de' nostri nel commerzio; appetto specialmente ad alcuni mercatanti stranieri pronti sempre a pigliar vantaggio dell'altrui imperizia e buona fede. Due ordinamenti pertanto vedeansi necessari: il restituire alla dovuta convenienza il pregio delle monete straniere; ed il coniare nuove monete nazionali con miglior magistero; onde rimessa fra i metalli nobili una più adeguata proporzione, la dichiarazione del valsente di ciascuna specie fosse regolata colle norme le più sicure [1798] . Né sicuramente ove le maniere dell'agire erano provate, ove le conseguenze della riforma erano così profittevoli, era il ministro uomo tale a sgomentarsi per la mole delle fatiche che gli conveniva durare nell'indirizzarla. Già avea egli in quella materia portato la cura ad un tal grado, che prima di far bandire la legge, erasi fatta spargere pubblicamente per l'isola una scrittura; dove sotto colore di un amico che scrivendo ad un altro gli dichiarava le migliori teorie di quella materia, erano contenute le spiegazioni necessarie a cattivare la confidenza pubblica in favore della novella operazione. Al tempo medesimo monetavasi nella zecca di Torino secondo i nuovi modelli tutto il metallo ricavato dalle monete nostre più antiche, ritenute perciò da parecchi anni fuori di corso; acciò incominciandosi con le novelle il cambio delle rimanenti, venissero in tal modo senza grave scapito del tesoro commutate progressivamente in brieve tempo tutte quelle che aveano l'impronta del regno.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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