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      L'alacrità impiegata dal ministro in questi lavori non lo stornava punto dal ricorrere sovente col pensiero alla prediletta sua riforma delle nostre scuole; la quale s'eragli stata cagione di liete speranze, era già diventata per lui occasione di giornaliero appagamento. Tali giugnevangli le notizie del facile aprirsi delle menti de' nostri giovani studiosi ad accogliere le migliori teorie scientifiche; del togliere via che faceasi da ogni studio quel rancidume delle viete dottrine peripatetiche; dell'udirsi nelle pubbliche disputazioni scorrere più pura sulle labbra de' maestri e de' discepoli la lingua del Lazio; del darsi per ravveduti alcuni degli oppositori più restii; insomma della generale ardenza degli animi a rispondere a quella buona cultura. Compiacevasi egli in singolar modo delle utili fatiche che gli ottimi maestri di lettere inviati alle due città principali sostenevano per far penetrare nel cuore degli alunni, cogli elementi d'istruzione necessari alle prime scuole, l'amore alla nobil lingua del bel paese, al quale la Sardegna avea per sì lungo tempo cessato d'appartenere. E siccome adoperavano essi di frequente il mezzo delle pubbliche esercitazioni, onde accendere maggiormente i giovani all'emulazione ed alla gloria letteraria; così frequente era il conforto che riceveano dagli encomi d'un ministro, qual era egli parco alla lode; e lodatore perciò più pregevole [1807] .
      Della lode altresì e degli altri mezzi necessari a francheggiare gli uomini di lettere servivasi egli per allettare alcuni di essi a rivolgere il loro studio a quelle indagini scientifiche che aveano maggior corrispondenza co' nostri bisogni.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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