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      In altra lettera (Cicerone, Epistulae, Ad Quintum fratrem, cit., lib. II, epistola 3) esorta il fratello a guardarsi dell'influenza del clima: comecché siamo nel verno, egli scriveagli, mettiti bene in capo ch'è pur la Sardegna quella che tu abiti". In questi luoghi tuttavia egli scherza sì, ma non cuoce; il vedremo altrove molto più caustico.
      [219] Per tutti i ragguagli appartenenti alla causa di Scauro vedi i nuovi frammenti di Cicerone dati recentemente in luce dal dotto bibliotecario dell'Ambrosiana e poscia della Vaticana, abate Angelo Maj, intitolati: M. Tullii Ciceronis sex orationum partes ante nostram aetatem ineditae, cum antiquo interprete, qui videtur Asconius Pedianus ecc. Milano, 1817. Vedi pure gli stessi frammenti confrontati con altre scritture palinseste dall'ingegnoso e perspicace illustratore di vari importanti testi a penna della regia biblioteca di Torino, teologo Amedeo Peyron, professore di lingue orientali in questa università (A. Peyron, Codicis theodosiani fragmenta inedita, Augustae Taurinorum, ex Regio typographeo, 1824).
      [220] Plutarco, De fortuna romanorum.
      [221] Vedi fra gli altri il padre S. Vidal nei suoi annali di Sardegna (Annales Sardiniae, cit.), il quale combattendo l'opinione di Cicerone e d'Orazio sul sardo Tigellio, di cui fra poco si parlerà, e seguendo il costume del suo secolo, nel quale ogni letteraria discussione contaminata era di detrazioni e villanie, ebbe la sfrontatezza di chiamare l'aurea eloquenza di Cicerone latrati, e canto di rauca strozza i versi dell'immortale Venosino, che delizia eterna pur sono e saranno di tutti coloro i quali cane peius et angue schivano le scritture degli stolidi e degli impudenti; locché se a me non fu concesso, sarammi almeno lecito di purificarmi, appena dato mi fia di non più rivedere queste stalle d'Augia.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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