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      Nel 1674, a richiesta dello stesso sovrano, si pagarono lire sarde 9.373,10; 21.806 moggia di grano; 289 d'orzo e 636 montoni. Si aggiunga ora il calcolo delle decime e rendite ecclesiastiche dell'isola, delle quali più volte ottennero i sovrani dalla Santa Sede la temporanea concessione. Coerentemente all'ordinazione contenuta nella carta reale del 20 marzo 1679 (esistente nel vol. 4, fol. 24, dei registri del regio patrimonio di Cagliari), essendosi allora accordata la decima parte delle entrate ecclesiastiche di tutti i regni spagnuoli, calcolata a ducati 800.000, si determinò la parte spettante all'isola in ducati 113.648. La qual cosa va anche considerata per la proporzione colla quale, nonostante la vastità della monarchia, veniva quotato il clero sardo in ragione o della sua opulenza o della sua sommessione. Si aggiungano infine gli altri cospicui sussidi che i parlamenti, le
      città od il clero offerirono più volte in via straordinaria onde riparare alle urgenze dell'erario sardo, il quale al pari di quello degli altri regni della corona era meglio soccorso che amministrato, e si riconoscerà di leggieri che la costante disposizione dei Sardi a venire al soccorso dei particolari o comuni bisogni dello stato non ebbe altro limite che il potere.
      [1406] G. Zurita, Anales de la Corona de Aragón, Çaragoça, por L. de Robles, 1610, lib. V, cap. 65. Questa concessione fu per un triennio. Nel 1216 e nel 1323 si ottenne per un sesennio; e per un biennio quella delle entrate ecclesiastiche della Sardegna.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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