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      Come non poteva, come non doveva essere buono e intelligente e caldo dė tutti gli entusiasmi, se essa lo amava? Se essa sentiva, che quell'uomo era cosa sua, era carne della sua carne? Se essa lo indorava tutto quanto, irradiandolo con un'aureola di tutti i suoi sogni, di tutti i suoi desiderii, che per tanto tempo avevano sognato e desiderato invano!
      Anche la rondine, dopo i lunghi suoi voli, dopo aver saettato l'aria per ore ed ore, posa un istante sopra un filo, dove adagia voluttuosamente la sua lunga stanchezza.
      E cosė Emma posava i suoi voli affaticati lungamente nel vuoto del desiderio sopra un filo. Quel filo era Enrico.
      Pensa forse la rondine, se il filo su cui posa č sicuro o sarā travolto? bada forse se č di canape o di ferro, d'oro o di stoppa?
      E cosė č il primo amante, su cui la fanciulla posa la stanchezza dei suoi lunghi desiderii.
     
      Emma soprattutto avrebbe voluto soffrire per lui.
      L'uomo, nella donna che ama, vede e sogna e cerca sempre la voluttā.
      La donna vede e sogna e cerca il sagrifizio, la dedizione tutta e intera di sč a lui.
      Quante volte sognava di vederlo cadere per la via travolto da un cavallo o da una carrozza! O lo vedeva assalito da un assassino, sull'orlo di un precipizio....
      Ed ella allora, rotto ogni rispetto umano, avrebbe avuto il diritto di correre a lui, di sollevarlo caduto o ferito, di asciugargli il sangue, di posare la sua testa adorata nel proprio grembo, dė curarlo e di guarirlo.
      Ma anche il fargli da infermiera gli pareva troppo poco e avrebbe desiderato un accidente impossibile, in cui ella potesse col proprio pericolo, anche col sagrifizio di sč stessa salvar lui; e morendo per lui, sentirsi ringraziare e potergli dire:


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L'arte di prender marito
Per far seguito a "L'arte di prender moglie"
di Paolo Mantegazza
Editore Treves Milano
1894 pagine 127

   





Emma Enrico