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      Non aveva più nulla da occupare al di dentro. L'alveo del fiume era pieno; e la piena doveva condurre all'innondazione.
      Pareva che in questo caso straripando l'amore avesse dovuto manifestarsi al di fuori. Nel linguaggio volgare ciò si chiama dichiarazione d'amore.
      Ma la dichiarazione non veniva mai; e tutta la corte, che l'ingegnere faceva alla sua Emma, si risolveva in sguardi continui, ardenti, penetranti come lama di Toledo; terribili come fulmini o teneri come tepori del sole di maggio.
      Tutti quelli sguardi non penetravano nulla, non bruciavano nulla, non intenerivano nulla. Si perdevano nello spazio, confondendosi insieme a tutte quelle energie planetarie, per le quali nè fisici nè chimici, hanno ancora trovato l'equazione di equilibrio.
      Non andavano però perduti per l'occhio vigile e affettuoso della mamma di Emma, che dopo pochi giorni s'era convinta, che l'ingegnere era innamorato della sua figliuola. E di ciò era, come il babbo, felicissima. Non le pareva possibile trovare per la figliola un giovane più prezioso, che le fosse compagno per tutta la vita.
      D'una cosa sola si stupiva assai ed era che Emma non si accorgesse di quell'adorazione silenziosa del Rinaldini e che non glie ne avesse parlato.
      Un giorno però ella non potè più tacere e a bruciapelo le domandò:
      - -Che ti pare dell'ingegnere?
      - Del Rinaldini?
      - Sì, proprio di lui. Nessun altro ingegnere viene in casa nostra.
      - Uhm.... mi pare che sia un bravo giovane.... molto studioso, molto timido.
      - No, voglio dire se ti piace, se ti è simpatico.


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L'arte di prender marito
Per far seguito a "L'arte di prender moglie"
di Paolo Mantegazza
Editore Treves Milano
1894 pagine 127

   





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