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      Quante passioni, quante speranze, quanti dolori si espandevano senza riguardi in mezzo all'andare e al venire dei marinai avvinazzati dall'orgia notturna, e le parole d'amore, e i sospiri si perdevano fra il fracasso dei bauli, delle casse, fra lo strepito del vapore, che insensibile a tanta poesia, buttava fuori i suoi buffi regolari di fumo nero e di fumo bianco e insensibile a tanto strazio incomposto di sentimenti umani, faceva girare le sue ruote con matematica regolarità.
      In tanto urto, in tanto tramestìo, cercai una nicchia fra le catene dell'àncora e una piramide di bauli e là, dando le spalle alla prora, salutai l'Europa, dove lasciavo tanto tesoro di affetti, salutai il campanile di S. Michele, ultimo quadro della terra inglese che stava per lasciare per molti anni.
      L'uomo avvezzo a consumar la vita giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto, portato sopra una corrente che mai non posa, si arresta con voluttà crudele in quei rari momenti, nei quali vi è rottura improvvisa del filo che lo ha trascinato lungo l'orbita della vita; si compiace di quell'istante in cui l'arresto brusco delle abitudini più care, il mutar violento di paese, di uomini, di cose, l'abbandona solo a sé stesso, in mezzo a un gran vuoto, quasi nascesse una seconda volta. In quei momenti l'uomo guarda, contempla con gelosia avara tutte le cose che sta per abbandonare e l'ultimo quadro della scena che scompare rimane eterna fotografia nella sua anima.
      Così avveniva anche di me in quella mattina: ed io salutavo con immenso amore il paese delle nebbie e del carbon fossile; dei bei prati verdeggianti e dei branchi innumerevoli di montoni affumicati, delle case grige e piccine e dei turriti camini delle manifatture.


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147

   





Europa S. Michele